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Mino Maccari


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Mino Maccari (Siena, 24 novembre 1898 – Roma, 16 giugno 1989), compie gli studi di Giurisprudenza e inizia la pratica forense presso uno studio legale a Colle Val D’Elsa, paese originario della famiglia. All’inizio degli anni Venti risalgono le prime prove di pittura e incisione su legno, attività alle quali Maccari si avvicina da autodidatta; nello stesso periodo, si dedica anche alla lettura di autori classici e moderni, progettando inoltre il romanzo L’uomo felice e pubblicando la raccolta di prose e versi Orgia (Tipografia San Bernardino 1918). Nel 1921 espone a Livorno, in occasione alla V mostra del Gruppo Labronico e, nel 1924, inizia a collaborare con il settimanale «Il Selvaggio», diretto da Angiolo Bencini; qui pubblica le prime xilografie e linoleografie a carattere caricaturale e satirico. Nel 1926 diventa direttore del periodico, di cui accentua il carattere artistico e letterario, chiamando a collaborare i principali artisti ed autori del periodo, tra cui Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ottone Rosai, Romano Bilenchi e Aldo Palazzeschi. A Firenze, Maccari apre l’anno successivo La stanza del Selvaggio; la piccola galleria, inaugurata da Giuseppe Bottai, ospita le opere degli artisti legati alla rivista, dando vita al Gruppo del Selvaggio. Nel 1927, partecipa insieme al gruppo a varie esposizioni, tra cui la II Esposizione internazionale dell’incisione moderna, la III Esposizione del Sindacato toscano delle arti e del disegno, la II Mostra del Novecento italiano, presso il palazzo della Permanente di Milano, e la XVI Biennale internazionale di Venezia. Nel 1929 si trasferisce a Torino, dove è chiamato da Curzio Malaparte a ricoprire il ruolo di redattore capo de «La Stampa»; nel frattempo continua l’attività artistica, partecipando alla I Quadriennale nazionale romana (1931). Lasciata la redazione del quotidiano torinese, Maccari inizia a collaborare nel 1932 al «Popolo d’Italia», presso l’ufficio di Roma, dove stabilisce anche la nuova sede de «Il Selvaggio». Presso la capitale, frequenta gli intellettuali che fanno capo al caffè Aragno, tra cui Paolo Cesarini, e stringe contatti con autori e artisti che diventano i nuovi collaboratori della rivista da lui diretta, tra cui Vincenzo Cardarelli, Gino Vicentini, Cesare Brandi, Antonio Baldini e Renato Guttuso. In questo periodo si intensifica inoltre l’attività editoriale promossa dalla rivista, inaugurata con la pubblicazione del romanzo di Romano Bilenchi Vita di Pisto (1931); nella prima metà degli anni Trenta partecipa con regolarità alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale romana; nel 1934 realizza inoltre i disegni per il romanzo di Antonio Baldini, La vecchia del bar Bullier (L’Italiano) e nel 1935 espone alcune acqueforti alla mostra parigina L’art italien des XIX et XX siècles. Nel 1937, inizia la collaborazione con il settimanale «Omnibus», tramite Leo Longanesi; entrato in contatto anche con la Cometa, si occupa insieme a Libero De Libero delle edizioni della galleria romana, di cui, nel 1940 e nel 1941, realizza anche le copertine di Beltempo. Almanacco della Cometa. In questo periodo realizza inoltre le illustrazioni per il volume di Gino Visentini, Gusti esagerati (Vallecchi, 1942), i disegni per il romanzo di Cesare Zavattini, Totò il buono (Bompiani, 1943) e le incisioni destinate ad Artemisia (Sansoni, 1947) di Anna Banti. Sempre a Roma, collabora al settimanale «Cosmopolita» e al «Conciclium lithograficum», collana editoriale diretta da Velso Mucci. Nell’ambito della galleria romana di Gaetano Chiurazzi, cenacolo di intellettuali ed artisti, Maccari stringe rapporti di amicizia con Tito Balestra e, in particolare, con Ennio Flaiano; nel 1948 partecipa alla XXIV Biennale di Venezia, dove le sue opere vengono ordinate e allestite da Roberto Longhi, ottenendo il premio internazionale per l’incisione; lo stesso Longhi presenta, sempre nel 1948, una sua personale presso la galleria modenese La saletta, firmando inoltre il saggio critico pubblicato nella prima monografia dedicata all’artista (Mino Maccari, Edizioni U 1948). Nel 1949 Maccari pubblica presso la libreria romana Rossetti il volume Il superfluo illustrato, e inizia la lunga collaborazione in qualità di vignettista con «Il Mondo». Nel dopoguerra l’artista intensifica la propria collaborazione con i protagonisti del panorama letterario nazionale, e in particolare con Aldo Palazzeschi, per cui illustra i racconti Bestie del Novecento (Vallecchi 1951), presentato alla XI Triennale di Milano nel 1957. Parallelamente, l’artista inizia a collaborare anche con il teatro, realizzando le scenografie e i costumi per numerosi spettacoli e, in special modo, intensifica la propria attività nel campo della grafica e dell’illustrazione, testimoniata in particolare dalla mostra antologica allestita nel 1957 presso la Galleria d’arte moderna di Verona. Nel 1959 è nominato direttore dell’Accademia delle belle arti di Roma e, nel 1963, vince il premio Antonio Feltrinelli per la pittura; l’anno successivo Maccari viene nominato tra gli esperti della Commissione parlamentare mista per il patrimonio artistico nazionale. Risale al 1962 l’apertura del suo studio in via del Leoncino, che diventa ben presto un punto di riferimento per numerosi intellettuali, artisti e collezionisti, e nel cui ambito vengono sviluppate iniziative culturali quali, ad esempio, l’Associazione amatori d’arte e la Inchiostri incrociati. A partire dagli anni Sessanta e Settanta si moltiplicano le illustrazioni realizzate per opere letterarie, tra cui Canzonette e viaggio televisivo di Mario Soldati (Mondadori, 1962), Paesaggio e poesia di Elio Filippo Accrocca (Canesi, 1964) e la raccolta di Tito Balestra, Se hai una montagna di neve tienila all’ombra (L’Arco, 1974). Nel 1975, nell’ambito della mostra Il Selvaggio di Mino Maccari, allestita presso il teatro Comunale di Fiuggi e presentata da Romano Bilenchi e Alfredo Mezio, l’artista espone quattro pannelli raffiguranti Le Stanze del Selvaggio. A partire dalla fine degli anni Settanta, si moltiplicano le mostre organizzate presso gallerie private o istituzioni pubbliche, tra cui si ricorda la mostra antologica che il comune di Siena gli dedica nel 1977 e la mostra organizzata per iniziativa del Comune di Viareggio nel 1987, in occasione del premio Viareggio-Repaci e introdotta da Natalino Sapegno; tra il 1984 e il 1988 quindi, la galleria fiorentina Pananti pubblica dispense che raccolgono tutta l’opera di Maccari, oltre che gli Addenda, contenenti i disegni realizzati tra il 1926 e il 1984, con uno scritto di Giuseppe Nicoletti. Tra le ultime mostre a cui partecipa l’artista, si ricorda l’esposizione Roma 1934 (1986), Italies 1925-1985. Sessant’anni di vita culturale in Italia (New York, 1966); negli ultimi anni Maccari continua anche l’attività di illustratore, realizzando fra l’altro sedici acqueforti per I sedici sonetti lussuriosi e La puttana errante di Pietro Aretino (All’Insegna del Lanzello 1982 e 1987).

Per ulteriori approfondimenti sulla figura e l’opera dell’artista si faccia riferimento ai volumi:

Omaggio a Mino Maccari nel centenario della sua nascita: il lungo dialogo di Maccari con il suo tempo, mostra antologica 1921-1989, prefazione Alessandro Parronchi, presentazione Giuseppe Nicoletti, Edizioni città di Grosseto, Firenze, Pananti, 1998; I Maccari di Maccari, a cura di Marco Vallora, Milano, Mazzotta, 2009; Sergio Pautasso, Mino Maccari. Illustrare la letteratura, Firenze, Pananti, 2001; Mino Maccari e l'illustrazione letteraria, 1928-1989, a cura di Riccardo Donati, Cinisello Balsamo, Silvana, 2010.

[Elena Guerrieri]