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Francesco Menzio


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Menzio

Francesco Menzio (Tempio Pausania, 3 aprile 1899 – Torino, 27 novembre 1979), durante l’infanzia segue il padre nei frequenti spostamenti per lavoro, trasferendosi a L’Aquila e poi a Torino nel 1912: qui frequenta per un anno l’Accademia Albertina, proseguendo quindi la propria formazione artistica da autodidatta. Dopo aver prestato servizio di leva durante il primo conflitto mondiale, si dedica totalmente alla pittura, frequentando lo studio di Felice Casorati ed esordendo nel 1921 in occasione della mostra allestita alla Mole Antonelliana. Nel corso degli anni Venti partecipa a numerose manifestazioni e rassegne, spesso a fianco di Casorati: nel 1921 è presente all’Esposizione artistica piemontese-sarda, nel 1923 alla Quadriennale di Torino e alla II Biennale di Roma e nel 1925, in occasione della Promotrice torinese, il Comune acquista il suo Ritratto della sorella. Sempre nel corso degli anni Venti è presente alla Biennale di Venezia, alla I Mostra del Novecento, all’Esposizione delle vedute di Torino promossa dalla società Fontanesi e all’Exposition d’artistes italiens contemporains (Ginevra, 1927) dove, presentato da Giacomo Debenedetti, espone diciotto opere. Oltre al sodalizio con Casorati, importanti per la sua formazione artistica e intellettuale sono i rapporti con alcuni dei principali animatori dell’ambiente torinese, tra cui Edoardo Persico e Riccardo Gualino, promotori di un rinnovamento culturale che porta Menzio ad approfondire l’esigenza di un confronto con le correnti artistiche straniere. Nel 1927 si reca infatti a Parigi, dove apre uno studio in Rue Falguière e prende parte all’Esposizione di pittori italiani al Salon de l’escalier. Tornato in Italia, partecipa nel 1928 alla Biennale di Venezia e nel 1929 alla II Mostra del Novecento. Nello stesso anno, Menzio prende parte al Gruppo dei Sei, insieme a Jessie Boswell, Luigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi ed Enrico Paulucci: il sodalizio, promosso e sostenuto da Edorardo Persico, riunisce artisti accomunati dall’interesse per la pittura francese e con una forte vocazione all’europeismo, in opposizione al nazionalismo di regime. Sempre nel 1929, Menzio tiene la sua prima mostra personale presso la sala d’arte Guglielmi di Torino, distinguendosi inoltre come principale animatore del Gruppo dei Sei, soprattutto nel 1930, in occasione della quarta e ultima mostra del gruppo al completo presso la galleria Guglielmi di Torino e durante la Biennale di Venezia. Tra le altre esposizioni cui Menzio partecipa con i reduci del Gruppo – Levi e Paolucci – si ricordano la mostra londinese tenuta alla Bloombury Gallery (1930), quella parigina alla Galerie Jeune Europe (1931) e infine la I Quadriennale. Nel corso degli anni Trenta, dopo un secondo soggiorno parigino durante il quale conosce Amedeo Modigliani, Menzio espone le proprie opere in occasione delle principali manifestazioni artistiche dell’epoca, e tra il 1934 e il 1935 esegue degli affreschi di soggetto sacro per l’ospedale psichiatrico di Collegno e per la sua chiesa. Nel 1937 tiene la sua seconda mostra personale a Torino, nella Sala della stampa, seguita nello stesso anno da quella presso la galleria Il Milione di Milano, e nel 1938 presso la galleria della Cometa di Roma; sale personali vengono inoltre dedicate al pittore nell’ambito della XXI Biennale veneziana e della III Quadriennale. Durante la seconda guerra mondiale lascia Torino, trasferendosi nel 1942 a San Domenico di Fiesole, ospite di Felice Carena; nello stesso anno ottiene il Premio Bergamo, con La famiglia in campagna. Fatto ritorno a Torino dopo la liberazione, fonda nel giugno 1945 l’Unione culturale, insieme, fra gli altri, a Luigi Einaudi, Massimo Mila, Norberto Bobbio, Cesare Pavese e Natalia Ginzburg: il gruppo, di cui Menzio è anche il primo presidente, contribuisce al processo di ricostruzione civile e culturale della città, mediante numerose iniziative, tra cui la promozione di eventi cinematografici  e l’illustrazione per spettacoli teatrali; in tale ambito l’artista lavora come scenografo nel 1946 al Woyzech di G. Burchner. Negli anni successivi si dedica prevalentemente alla pittura, e alla fine degli anni Cinquanta realizza gli affreschi delle Storie di s. Caterina nella chiesa di S. Domenico a Cagliari, insieme a Felice Casorati, e quelli del soffitto dell’aula magna dell’Università di Genova, con Piero Martina. Sempre nel corso degli anni Cinquanta la sua fama viene confermata da un’intensa attività espositiva e da riconoscimenti quali il premio del presidente della Repubblica (1951) e l’elezione ad accademico nazionale di S. Luca (1960). A partire dal 1951 Menzio affianca all’attività pittorica quella didattica, venendo incaricato del corso di pittura all’Accademia Albertina, e divenendo titolare della cattedra dal 1956 al 1969.

Per ulteriori approfondimenti relativi all’opera e alla figura del pittore si rimanda ai volumi: Francesco Menzio: nel centenario della nascita: 9 ottobre – 28 novembre 1999, a cura di Francesco Poli, Giorgio Barberis, scritti in catalogo di Francesco Poli, Giorgio Barberis, Carla Bertone, Mondovi, Nuova Editrice Italiana, 1999; L’arte di Francesco Menzio all’Università degli Studi di Genova, presentazione di Giusta Nicco Fasola; Genova, Università e Cassa di Risparmio di Genova, 1959.

[Elena Guerrieri]