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Giovanni Giudici


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Giovanni Giudici (Le Grazie, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011) esordisce in poesia con Fiorì d’improvviso (Edizioni del Canzoniere 1953), cui seguono, nell’immediato, La stazione di Pisa e altre poesie pubblicata nelle edizioni dell’Istituto Statale d’Arte di Urbino nel 1955 con una incisione di Emilio Greco, L’intelligenza col nemico (1957) e L’educazione cattolica (1963), quest’ultime stampate entrambe da Vanni Scheiwiller. Sono anni, questi, in cui Giudici lavora presso l’Olivetti di Ivrea a stretto contatto con altri poeti e letterati tra i quali Leonardo Sinisgalli, Franco Fortini, Ottiero Ottieri e Paolo Volponi, e proprio per la Biblioteca Olivetti e il Centro Culturale Cavesano ha l’opportunità di collaborare all’allestimento di mostre di pittura, specie quelle dedicate ad Ennio Morlotti, Ottone Rosai e quella di disegni e incisioni di Tono Zancanaro (Incisioni e disegni di Tono Zancanaro, a cura di G. Giudici, Ivrea 1957). Sempre per conto della Olivetti, dal 17 al 20 novembre 1960, è a Parigi, dove segue il congresso e la mostra della Alliance Graphique Intenationale, della quale ha curato il catalogo; un’esperienza che si rinnova nel 1970, quando Giudici scrive Industria come forma, saggio che introduce la mostra Olivetti: forme et recherche che si tiene nuovamente a Parigi. Intanto, come frutto di una breve collaborazione con «il verri», da cui si distaccherà in conflitto con l’emergente Gruppo ’63, Giudici pubblica nelle edizioni della rivista una traduzione dello Hugh Selwyn Mauberley di Pound, illustrata da disegni inediti di Jean Cocteau (1959). Nel 1966 esce la plaquette intitolata Le ore migliori, con un’acquaforte di Attilio Steffanoni, ad un anno di distanza da La vita in versi, raccolta che aveva consacrato il poeta nella collana de «Lo Specchio» di Mondadori; mentre nel 1968, presso le Edizioni Dominicae dirette a Franco Riva a Verona, anticipa con La Bovary c’est moi, cartella illustrata ancora da Steffanoni, il volume successivo di poesia: Autobiologia (1969). A questo segue O beatrice (1972), del quale alcuni testi vengono ripresi in Erotica e politica, cartella stampata con tre acqueforti di Attilio Streffanoni nel 1973 e, nello stesso anno, Canto teatrale, una plaquette con incisioni di Mario Moronti che, invece, anticipa Il male dei creditori (1976). Si susseguono nel tempo: Il ristorante dei morti (1981), la traduzione più volte riveduta dell’Eugenio Onieghin di Puškin in versi italiani (1983; 1999), Lume dei tuoi misteri (1984) e Salutz (1986), di cui la prima sequenza di testi viene ripresa in Salutz, I. Cinque incisioni di Enrico Baj per dieci poesie di Giovanni Giudici, Milano, Giorgio Upiglio Edizioni d’arte, 1986. Gli anni Novanta vengono introdotti dalla pubblicazione di due importanti opere saggistiche: La dama non cercata. Poetica e letteratura (1968-1984), Milano, Mondadori, 1985, e Andare in Cina a piedi. Racconto sulla poesia, Roma, Edizioni e/o, 1992, seguiti da Per forza e per amore, Milano, Garzanti, 1996. In questo stesso torno di tempo, dopo l’uscita di Fortezza presso Mondadori nel 1990, l’opera poetica di Giudici viene raccolta in un due volumi complessivi da Garzanti – Poesie. 1953-1990 (1990) – che diviene così l’editore delle raccolte della sua piena maturità: Quanto spera di campare Giovanni (1993), Empie stelle (1996) ed Eresia della sera (1999). Continua altresì un proficuo scambio con altri artisti, di cui rimangono a testimonianza altre cartelle e plaquette: Perché di tutti più, al buio, gelato tremo?, con sei acquetinte di Vittorio Bellini, Monza, Tipografia Sociale di Monza, 1989; Rose. Una poesia di Giovanni Giudici e due incisioni di Mario Maulini con un testo di  Carlo Carena, Astano-Lugano, Edizioni del Convento Vecchio, 1989; Comete per Nathaniel 4, dedica di Gian Luigi Beccaria, poesie di G. Giudici, incisione di Vincenzo Gatti, Mondovì, Associazione Culturale “Porti di Magnin”, 1995. Di particolare rilievo, infine, è la pubblicazione di Bianco e verde mela, con un’incisione di Arnaldo Ciarrocchi, Grafiche Fioroni, Sant’Elpidio a Mare, 1997, pubblicata nella collana “La Luna” (n. 2) diretta assieme ad altri da Eugenio De Signoribus, che già nel 1995 aveva curato un numero monografico della rivista «Hortus» (n. 18), dedicato a Giudici per i suoi settant’anni. Per le stesse edizioni delle Grafiche Fioroni, inoltre, Giudici pubblica, accompagnata da un’opera di Marcello Lani, la cartella intitolata La Serra (2005) e, prima ancora, nel 2004, viene stampato Da una soglia infinita, a cura di Evelina De Signoribus.

Per un approfondimento sulla biografia di Giovanni Giudici si rimanda alla cronologia contenuta in G. Giudici, I versi della vita, a cura di Rodolfo Zucco, con un saggio introduttivo di Carlo Ossola, Cronologia a cura di Carlo Di Alesio, Milano, Mondadori, «i Meridiani», 2000.

[Marco Corsi]